Paolo Petralia

Dopo avervi parlato di “Né carne né pesce”, la serie TV vegana-vegetariana andata in onda nel 2013 su Gambero Rosso, oggi conosciamo meglio uno dei miei beniamini vegan al maschile, Paolo Petralia, un personaggio televisivo che “personaggio” non è, uno chef (o cuoco se preferisce) ironico, arguto, diretto e con un’anima animalista. Vegano per etica, punto, ma senza avvertire il bisogno di insegnare o fare la morale a qualcuno.
Nel suo ristorante vegan a Pigneto di Roma, il So What?!?, può entrare chiunque senza sentirsi sotto processo, purché sia affamato e una buona forchetta :)
Non chiedetegli né le bacche di Goji né perché è vegano, mi raccomando, potrebbe arrabbiarsi e rispondervi “So What?!?” :D
Gli riconosco un’anima “dark”, di chi è duro fuori ma sensibile dentro!
Preparatevi a teschi e teschietti, ossicini, pietanze nere, tatuaggi, orecchini, maglie scure, coltelli e bandierine piratesche!

Dolce al So What?!? Pigneto di RomaConfesso di aver preso da lui l’idea delle bandierine con il logo per le mie ricette! :)
© Foto di Matias Biglieri

A Pigneto, entrando nel locale, potrete entrare nel suo mondo che è fatto anche di tanta musica (punk, rock, metal…), film, oggetti e giocattoli! :)
Ammetto di conoscere poco il suo background culturale però mi piace, soprattuto quando l’attività lavorativa e la persona sono una sola cosa.

Basta parole, conosciamolo insieme attraverso le sue, iniziando così, con la mia classica domanda “semplice semplice”…tanto per cominciare :)

Chi è Paolo Petralia?

Qua uno dovrebbe rispondere trovando congiunzioni astrali tra fantapolitica spicciola e filosofia. Però sono piuttosto ancorato all’asfalto e quindi direi di essere un ex giovane ancora nella prima fascia dei 40, scarsamente alto, non direi bella presenza, ma nemmeno terribile, con una certa passione per la ristorazione, ombroso, ironico, non fumatore, sprezzante dell’esercizio fisico, appassionato di certa musica. 



Cos’è il So What?!?? e cosa rappresenta per te?

Nell’immediato della pausa domenicale tra pranzo e cena, il So What ?! rappresenta per il sottoscritto 14 ore lavorative scarsamente retribuite, ma essendo il datore di lavoro di me stesso probabilmente è inutile lamentarsene. In una panoramica più ampia oserei dire “una certa soddisfazione”. Nel senso che un’attività di ristorazione ancora in piedi al terzo anno senza una catena di investitori dietro, senza i proventi dei rapimenti dell’anonima sarda da riciclare, senza un doppio lavoro illecito a far da paravento… c’è da essere contenti. Il So What ?! in soldoni è un ristorante vegan. Semplice. Non abbiamo fini didattici o missionari. Ci piace mangiare, poi se sei vegan o non lo sei non ci interessa. Chi cerca una ristorazione consapevole può cercarla attraverso altri venditori di fuffa sul mercato. 


Come mai il nome “So What?!?? “ e il logo “dark”?

Dark è la prima volta che lo sento. Però va bene. Di ristoranti vegetariani et simili verdi ne ho visti fin troppi nel corso degli anni. Il So What ?!, e noi con lui, voleva rompere un po’ con questa tendenza. È un po’ la natura scanzonata del posto. Non facciamo proselitismo anche perché ci riteniamo dei maestri non tra i migliori. Al muro ci sono locandine di film di serie c e cose kitsch. Sicuramente spiazza un minimo la clientela. Però è stata anche la nostra fortuna essere in contrapposizione con l’ambiente della ristorazione simile. Sicuramente anche la cucina segue il trend.
Sapevamo di voler evitare nomi con colori, spezie, erbette, spesso care al settore. Abbiamo cercato, soprattutto nel nostro bagaglio musicale. Paradossalmente è colpa di Pink, ma anche un po’ degli Antinowhere League, coverizzati dai Metallica. Miles Davis invece l’abbiamo sempre snobbato. So What ?! è la risposta strafottente a chi ci chiede ironicamente il perché delle nostre diete bizzarre…

Quando e come è iniziato il tuo percorso vegan?

Nel 1994 all’incirca. Ero vegetariano già da qualche anno, però arrivava questa nuova tendenza spinta attraverso il nostro circuito musicale del veganismo. In quel momento un bel po’ di gente cambiò dieta all’interno di quella che si chiamava scena hardcore punk internazionale, senza eccezione per quella locale. Molti hanno lasciato nel corso del tempo come accadrà per questa ventata vegan degli ultimi anni probabilmente. Ho perso nel corso del tempo qualsiasi interesse per questioni salutiste etc, Ho digiunato prima di tanti, abbandonato i carboidrati, caffè etc salvo poi tornare a nutrirmi di zuccheri, carboidrati e chinotto. Se sono vegan è per motivi etici.

Quali obiettivi ti poni nei confronti del lavoro che stai svolgendo?

Rimanere aperti ancora un po’ conservando l’onestà nei confronti della clientela, dei propri lavoratori, degli f24 che paghiamo. Se riuscissi a lavorare quelle ore in meno sarebbe un desiderio eccessivamente borghese? Allora direi che potrebbe ricadere negli obbiettivi da raggiungere. Mi piacerebbe anche sdoppiare il So What ?! in altra sede, come aprire qualcosa a carattere streetfood che dir si voglia, ovviamente vegan. Però fondamentalmente propendo più per il carattere operaio che per quello imprenditoriale e la vedo difficile. Non per ultimo levare altro tempo alle 6 ore di sonno giornaliere potrebbe risultare complicato.

Come si svolge la tua giornata tipo?

Ci si sveglia già stanchi, si prende un caffè, ci si pendolarizza verso il ristorante fermandosi a diverse stazioni tipo via crucis tra fruttivendoli, supermercati, tipografi, fornitori di vario tipo. Ci si rifocilla sommariamente e si inizia la corvè di cucina in solitario. Nel corso del tempo arriveranno i collaboratori di vario genere. Si fanno proiezioni sulla serata, si affronta la clientela, si smantella tutto, si pulisce, ci si rifocilla meno sommariamente del pranzo ma nottetempo, si butta la mondezza, ci si ripendolarizza a casa. Pare un incubo eh? Francamente la figura dello chef che impartisce lezioni di vita e disserta sul benessere cosmico mi fa sempre sogghignare. Fondamentalmente la ristorazione è fatica.



Quali sono i principali segreti della tua cucina?

Non ci sono particolar segreti. Nel senso che non ci siamo proposti chissà quale alta cucina. L’onestà è la base fondamentale di quello che proponiamo in termini gastronomici. Cerchiamo di usare più possibile ingredienti freschi e di qualità, nella misura in cui ce lo concede la nostra fascia di prezzo, dettata dal quartiere, dal ristorante etc. Su quello faccio davvero i salti mortali.
Sinceramente ho sempre evitato una cucina troppo eterea. Ho sempre pensato che per star “leggeri” si sta a casa. Se mangio fuori mi devo divertire devo sentire sapori, magari forti, il sale. 


Polpette del So What?!?Polpette al So What?!?. Come la ricetta di nonna NON insegnava. © Foto di Matias Biglieri

Chi sono i clienti?

C’è un po’ di tutto. Probabilmente il quartiere tiene un po’ lontano il pubblico agèe. Abbiamo dai giovini transumanti di locale in locale per le vie della movida del Pigneto a coppie di tutte le specie, alle famiglie con bambini della domenica a pranzo. Quando prenotano per qualche strano motivo alcuni si sentono in dovere di mettere in evidenza se sono o meno onnivori, vegani etc. Però noi qua abbiamo voluto aprire un ristorante aperto a tutti, non un circolo culturale, non una sede della carboneria. Spesso c’è chi fa fatica e mette tutto assieme eco/vegan/solidale/bio/integrale/viverefinoa100anni, e noi siamo sicuramente di difficile comprensione, soprattutto perché scarsamente interessati all’aspetto salutista. Siamo anche non troppo gettonati dal giro animalista secondo me probabilmente perché poco didattici e venduti al sistema, hehe.

Dicono che il tuo ristorante sia pieno di cose “nerd” e “giocattoli” :D e che il bagno sia pulitissimo. Qual è l’oggetto o l’ambiente che ti piace di più del tuo ristorante e perché?


Dunque. Prima di aprire il mio ristorante – con mia moglie Alessandra tra l’altro, per niente menzionata fino a questo momento ma in realtà quando parlo di noi, intendo lei ed io – abbiamo girato per almeno 200 ristoranti vegetariani e vegan in mezzo mondo, più tutti quelli “normali” e soprattutto le pizzerie del paese in cui abitiamo. Io ho anche lavorato in diversi posti romani e non del settore. Bene o male sapevo come non volerlo il ristorante. Il come farlo è venuto poi dopo, abbiamo messo insieme uno spirito pop-trash anni 80, cinema di serie c possibilmente post nucleare e di fantascienza, un paio di architetti giovini, un po’ della collezione de i Micronauti della Gig di cui vado particolarmente fiero e non si sa per quale motivo dopo un po’ dall’apertura eravamo diventati un posto trend o comunque un locale in cui bisogna andare. Senza fingere tra l’altro, nel senso che ciò che c’è al So What ?! fa parte del mio background, del mio imprinting.
Il dinosauro Ampzilla dei Micronauti è uno dei miei preferiti. Trovo anche molto giovamento dalla presenza delle tavole da skate disegnate da Officina Infernale per Murder o il poster dell’amico Francesco Brunotti. Il gatto nero in ferro battuto fatto da mio suocero è particolarmente apprezzato in generale. Mi è valso anche il nomignolo di “il gatto” da varia gente di zona …

“Vegan“ è un’etichetta che racchiude tanti modi diversi di esserlo. Che vegano sei?

Mi fa piacere che parti da un’ampia gamma di vegan perché qua quando arriva la gente e pretende le bacche di goji e non ci sono fondamentalmente mi incazzo come una iena, “perché vegan = bacche di goji…” ok chiudiamo il capitolo che altrimenti degenero.
Sono un vegan per questioni animaliste. Ci sarebbe anche dell’altro dietro come un vago salutismo, l’avere a cuore i problemi ambientali del mondo, ma nel corso del tempo e causa l’eccessivo dissertare sull’argomento me ne sono chiamato fuori. Se uno dovesse essere duro a puro a tutti i costi se ne starebbe nella baita e passare il tempo a vedere scorrere il ruscello.

Sei stato il conduttore vegan della serie TV “Né carne né pesce” andata in onda nel 2013 su Gambero Rosso, cosa puoi raccontarci di questa esperienza? La rifaresti? Abbiamo speranze di rivederti in TV per una seconda stagione? Se sì, permetteresti ancora a Lara Rongoni, la conduttrice vegetariana, di mangiarti nel piatto?


Ahaha, come no, anzi ci rimarrei male se non lo facesse. Credo che il Gambero fondamentalmente non abbia possibilità di produzione in esterni come è avvenuto per Né Carne. Il programma è stato valido proprio perché itinerante, il che significa una certa spesa da affrontare. Quindi temo non ci sarà una seconda stagione. Lara nel frattempo ha scritto un omonimo libro di ricette vegetariane e vegan, ma fondamentalmente si occupa di produzione con la propria casa Sonne Film. Io ho invece un po’ di ricette video circolate su Huffington Post, Gambero Rosso, Puntarella Rossa etc , presenze su Alice, Tv2000, Rai, libri da scrivere che difficilmente finirò…
Al momento delle riprese, durate quasi un mese fuori casa, ancora non avevo aperto So What ?! e adesso come adesso non so se potrei riuscire a conciliare le due cose. L’esperienza è stata divertente, a tratti estenuante (2 pasti interi consumati in due ore a Firenze per esempio… ) e mi ha dato anche occasione di rivedere un po’ di persone che non vedevo da tempo, rinsaldare rapporti umani, che non fa male alle volte, perché no.

Bilancio ad oggi ed obiettivi per il futuro?

Oh, io vengo al punk ed il futuro è sempre stata una cosa a cui credere poco. Essere ancora su strada dopo due anni nella ristorazione romana senza avere a disposizione chissà quali mezzi economici è un bel traguardo già di per sé. Quanto ad obbiettivi, faccio una vita che mi consente di averne fino a dopodomani. Già giovedì prossimo è visto come una data lontanissima a cui guardare. Anzi no, in realtà mercoledì e giovedì ho Ben Hirst, allievo di Gualtiero Marchesi, fondatore del Necci al Pigneto (notissimo punto di ritrovo della movida locale e non), in cucina a fare una serata street food british style in chiave vegan.
Mi piacerebbe fare tante cose. Sia in campo lavorativo che nella vita. Fondamentalmente bisognerebbe trovare la chiave per continuare a fare quello che faccio al momento, con onestà e coerenza ma magari senza annoiarsi nel corso del tempo.

Dolce al So What?!?© Foto di Matias Biglieri

L’intervista è finita, per saperne di più su Paolo Petralia, qui trovate alcuni link utili:

Sito Web del So What?!?: Sowhatvegan.com
Pagina Facebook del So What?!?: “So What?!?” Ristorante
Il canale YouTube: VeganRiot666
Il libro di ricette: Vegan Riot. La rivoluzione bolle in pentola. Ricette vegan per cuochi ribelli

L'orto del So What?!?L’orto del So What?!?

Se volete conoscerlo di persona, non perdetevi il prossimo evento (27 gennaio – 28 gennaio) organizzato da lui e sua moglie Alessandra. Trovate tutti i dettagli su Facebook, l’evento si chiama: “Punk Vegan not dead & God Bless So What?!?”:

“Una due giorni nel cuore della cultura punk inglese con lo chef Ben Hirst che affiancherà Paolo nella cucina del So What?!? Piatti punk realizzati appositamente per il pubblico del Pigneto.”

Pagina Facebook dell’evento: Punk Vegan Not Dead!

Vi lascio con una sua video-ricetta, Buiomega!:D

Ringrazio Paolo Petralia per la simpatia e per il tempo che mi ha dedicato!

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A presto!
Martina

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